Semiramide, La Signora regale
Immagino di non essere stato l’unico ad aver provato un senso di stupore («Ah, qual colpo inaspettato!») ascoltando la traccia numero 3 del secondo cd della bellissima e pluripremiata antologia Semiramide: la signora regale, concepita e interpretata dal mezzosoprano Anna Bonitatibus accompagnato dall’Accademia degli Astrusi diretta da Federico ferri (Sony Music/ Deutsche Harmonia Mundi). Nell’aria con coro tratta dalla Morte di Semiramide di Sebastiano Nasolini, un’opera risalente al 1792 ma che venne ripresa a Napoli nell’estate del 1815 (con Isabella Colbran nel ruolo della regina assirobabilonese), compare infatti una chiara interpolazione della celeberrima cabaletta del duetto Rosina-Figaro del Barbiere di Siviglia di Rossini: le parole di Semiramide «Chi saprà comprender mai/tanta mia felicità» corrispondono musicalmente a quelle di Rosina «Ah tu solo, amor, tu sei / che mi devi consolar».
Un travaso che la dice lunga sul modo in cui le opere si trasformavano di piazza in piazza soprattutto in epoca prerossiniana. Naturalmente la citazione dal Barbiere è tanto più sorprendente (e paradossale) in quanto quest’ultimo è dell’anno successivo (1816). Ma sappiamo che il passo incriminato era già stato utilizzato per intero da Rossini nella Cambiale di matrimonio del 1810 (aria di Fannì). Come si vede, le implicazioni musicologhe di questo interessante (oltre che splendido) florilegio sono smaccate e ineludibili.
Per capire meglio il senso del suo progetto ho incontrato allora Anna Bonitatibus. Nel booklet di Semiramide, peraltro ricchissimo di informazioni e materiali (anche iconografici), si accenna infatti solo di sfuggita ai “tratti rossiniani” di questo pezzo e cominciamo da qui la nostra conversazione. «É una reticenza voluta che ho condiviso con il mio consulente musicologico Davide Verga. Per esigenze editoriali e di formati (oltre che per un po’ di gusto della provocazione) abbiamo preferito far parlare direttamente la musica che in quest’aria appare meravigliosamente poliedrica. Sotto il nome di Nasolini (che era già morto da diversi anni) continua a essere rappresentata un’opera che contiene anche musiche di altri autori: nel nostro caso, verosimilmente, Portugal e Rossini. Io per prima, come può bene immaginare, sono balzata sulla sedia quando ho scovato questo manoscritto! La sua natura stratificata, del resto, sintetizza perfettamente il senso del mio progetto. Proprio per questo ho voluto fortemente che fosse inserito nel disco».
Creare un contesto per rimettere in prospettiva Rossini, compositore di cui il doppio cd contiene un solo brano (la prima versione di «Bel raggio lusinghier» nella versione a cura di Philip Gossett), è chiaramente un obiettivo, culturalmente assai ambizioso, della Bonitatibus, origini lucane, una carriera importante, fatta di palcoscenici, dischi, dvd e un repertorio che rivela una predilezione per il ‘700 italiano, Mozart, Händel, Rossini e per l’opera buffa napoletana.
Quasi tutti i brani compresi in questo cofanetto sono in prima esecuzione e registrazione moderna. Si tratta dunque di un progetto che al cimento artistico-esecutivo unisce il piacere della riscoperta: arte performativa e ricerca musicologica sembrano andare a braccetto e sollecitarsi a vicenda. Tanto più che tutte le musiche sono eseguite con strumenti originali e in stile “historically informed performance”. «Per questo progetto», spiega il mezzosoprano, «abbiamo raccolto e analizzato un grande numero di brani musicali tratti dalle Semiramidi più diverse. Il processo di selezione successivo è stato molto doloroso perché ovviamente si è dovuto rinunciare a dei pezzi anche molto interessanti, talvolta per delle ragioni meramente pratiche. Per esempio a una misteriosa Sinfonia Semiramide di Päer; o al Mennone e Zemira di Mayr (Napoli 1817), opera che si rifà al tema di Semiramide “figlia dell’aria” e contiene pagine affascinanti: l’abbiamo dovuta escludere perché prevedeva un organico troppo ampio per le nostre possibilità. Di tutti i brani selezionati, quando non erano già disponibili, è stata realizzata una vera e proprio edizione critica a cura di Alessandro Monga e Davide Verga. Una di esse è stata assai complessa perché il manoscritto era corrotto e a tratti illeggibile: mi riferisco alla Semiramis di Manuel Garcia (1828), di cui abbiamo riproposto un’aria accompagnata dai soli fiati che speriamo possa contribuire ad attirare l’attenzione su questo grande tenore ma anche notevole compositore. Insomma abbiamo lavorato con tanto entusiasmo ma anche con un certo rigore».
Il mito di Semiramide, la cui pregnanza culturale è stata indagata da Cesare Questa in un noto libro intitolato Semiramide redenta (libro dal quale nel booklet si rende un giusto omaggio), è anche uno dei personaggi-simbolo del teatro lirico: il suo potere di seduzione, non privo di un elemento misterioso-conturbante, è lo stesso potere di seduzione dell’opera come genere. Pur essendo regolarmente presente sulle scene operistiche fin dalla metà del Seicento, la fortuna di questo personaggio sembra caratterizzare il teatro musicale soprattutto postmetastasiano e in particolare quello che va dalla fine del Settecento alla Semiramide di Rossini (1823). In questa epoca è soprattutto la tragedia di Voltaire (Sémiramis, 1748) a costituire la fonte letteraria di riferimento, cui la scena dell’Ombra di Nino conferisce un nuovo appeal per così dire preromantico. Le versioni di Francesco Bianchi (1790) e Nasolini (1792), di ognuna delle quali è presente un brano nel cofanetto, sono solo alcune delle tantissime Semiramidi di questo periodo, un periodo ancora mal compreso e poco frequentato ma fondamentale per le future sorti della melodrammaturgia rossiniana.
Anna Bonitatibus sottolinea: «L’attrazione per questo personaggio così sfaccettato è stata un’attrazione di natura canora (la possibilità di misurarmi con tanti stili e modelli vocali), ma anche di tipo storico e narrativo: la mia idea è stata quella, attraverso la possibilità del medium discografico e un oculato “montaggio” di pezzi anche diversissimi tra loro, di raccontare la storia di Sammuramat-Semiramide attraverso la sua ricezione in campo operistico. É chiaro che in questo lavoro si sono posti dei problemi di varietas degli “affetti”, ma anche di coerenza drammaturgia e di distribuzione cronologica. I brani selezionati non sono delle monadi irrelate ma dovrebbero, almeno nelle nostre intenzioni, dialogare fra loro (e con le opere archeologiche, letterarie e artistiche riprodotte nel booklet): essere delle tappe di un unico percorso narrativo».
Il risultato è in effetti avvincente anche sotto questo profilo ed è con un senso di gratitudine e di speranza che l’intervistatore si accinge a chiedere alla “signora regale” se nel futuro delle sue molteplici attività ci sarà ancora spazio per una seconda avventura di “recherchecréation” (per usare un’espressione e un concetto molto dibattuti nella cultura francese d’oggidì). «Non vorrei sembrare presuntuosa o polemica, ma questo è stato un progetto a statuto speciale anche dal punto di vista produttivo e organizzativo. Basti pensare che ha coinvolto un centinaio di persone e il tutto senza un euro di sovvenzione. Una faticaccia, insomma. L’esigenza che sta dietro a un’operazione come quella che abbiamo realizzato è un’esigenza culturale, non commerciale. Promuovere il patrimonio musicale del nostro Paese è un compito che dovrebbe essere maggiormente sentito a livello collettivo e istituzionale. Anche perché alla lunga è un investimento: questo è un dato evidente a chi come me vede quanto sia amato il repertorio italiano all’estero.
La crisi del mercato discografico è certo sotto gli occhi di tutti, ma io continuo a scommettere sul futuro di un medium straordinario come quello della registrazione fonografica».
AMADEUS n. 301 - Dicembre 2014