Semiramide, La Signora regale

Semiramide, regina degli Assiri altrimenti detta la Venere di Mesopotamia, fa comparsa degna del regale suo rango entro l’universo del disco per iniziativa della Dhm con due cd che racchiudono ampia antologia della sua presenza operistica, prevalentemente agita tra il secolo diciottesimo e la prima parte del successivo. Il paesaggio risulta per ciò stesso discretamente monotono in quanto allo stile compositivo, visto che sul celebre testo metastasiano si cimentò la gran parte dei compositori settecenteschi con qualche sbiadita eco nella prima parte dell’Ottocento. Dunque ampia varietà di canto fiorito ma scarsa varietà di soluzioni musicali, si tratti di Caldara e Borghi, come di Porpora e Jommelli; e le sorprese riguardano non tanto gli ignoti quanto i noti: si vuol dire insomma che il godimento subentra alla curiosità solo quanto scendono in campo i Paisiello (bellissima l’aria “Serbo in seno il cor piagato” dalla sua Semiramide in villa), i Meyerbeer e i Rossini; a costoro vanno ascritte le pagine di qualità superiore, una per tutte “Il piacer, la gioia scenda” dalla Semiramide di Meyerbeer, composta nel periodo italiano (1819) e pertanto ossequiente ai dettati del daccapo variato ma con un ruolo innovativo assai dell’arpa nel tessuto strumentale.
Ma è equo ammettere che qualche gesto insinuante può apprezzarsi anche nell’emisfero dell’Ignoto quando si ascolta il recitativo e aria dalla Morte di Semiramide composta nel 1792 da tale Sebastiano Nasolini, piacentino attivo nell’ultima parte del secolo, che presagisce Rossini (il quale per mera coincidenza proprio in quell’anno veniva al mondo). Il mezzosoprano Anna Bonitatibus, già attiva con merito nel repertorio del belcantismo, dà una buona mano alla riuscita dell’impresa: inappuntabili le agilità di forza e di leggerezza, corposo il metallo, totale la dedizione a un panorama stilistico la sua parte irredento; ben coadiuvata peraltro dalla compagine dell’Accademia degli Astrusi diretta con proprietà e adeguati colori strumentali da Federico Ferri.